Carlo Cracco e il manzo di Kobe

Momento autoreferenziale: Carlo Cracco fu il primo grande chef che intervistai quando inizia a scrivere di food per Grazia. Fu un bellissimo momento professionale: dopo di lui, fra gli altri, ho avuto il piacere di incontrare Bruno Barbieri, Gordon Ramsay e Antonino Cannavacciuolo. Lavoravo con una fotografa bravissima, Stefania Sainaghi (a proposito, cara Stefania, quando rifacciamo qualcosa insieme? E a proposito due, ho scandagliato Pc vecchissimi alla ricerca di quelle foto che mi hai scattato nel ristorante Cracco-Peck, ma non le ho trovate. Non è che per caso tu hai ancora l’archivio di, ehm, circa 10 anni fa? Credo che il servizio fosse questo).
Era un Cracco molto diverso da oggi: prima di Masterchef, del cambio di look, della fama nazionale. Mi raccontò di quanto amasse viaggiare e di quanto lo avesse colpito il Brasile, sia come paesaggio che come gusti e sapori. Del fatto che non sentisse mai la fatica, perché il suo lavoro era essenzialmente passione. Una cosa però aveva in comune con il Cracco di oggi: la gentilezza. Forse per chi confonde il personaggio tv con la persona può sembrare strano; ma io l’ho incontrato diverse volte, per interviste, per presentare i suoi libri, per gli show cooking: non l’ho mai visto altro che cortese e paziente nel spiegare a chiunque, più volte, come andava fatto quel particolare passaggio di una sua ricetta, o nel rispondere per l’ennesima volta alle solite domande. Un po’ ruvido, forse; ma io sono di Genova, per cui la ruvidezza a quel livello neanche la percepisco, probabilmente.
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Caserecce salsiccia, zucca (o fiori di zucca) e pecorino

Sul filo di lana: al contest #LangheRoeroInCucina avrei voluto partecipare tutte le settimane, invece mi riduco all’ultima. Però, per farmi perdonare, ho pensato a una ricetta che ne valga due, con una versione invernale, che ho preparato oggi, e una estiva, che vi suggerisco di provare non appena ci saranno i fiori di zucca. È un primo piatto semplice, nello stile di questo blog il cui nome vuol dire appunto “presto fatto” in genovese, e che utilizza l’ingrediente della settimana, la salsiccia, con un tocco di Liguria, aggiungendo i pinoli e il profumo del timo. Ma è anche molto equilibrato: il sapore dolce e pieno della zucca ammorbidisce il gusto deciso e sapido della salsiccia e del pecorino: l’insieme risulta molto gradevole.  Continua a leggere

Le donne e il vino. E pure l’otto marzo

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“Quando papà s’è ammalato, io e mia sorella Elena abbiamo preso in mano l’azienda di famiglia. E siccome eravamo tre donne e c’era pure una nipotina, nel disegnare l’etichetta è venuto fuori questo Rosso delle donne. Perché lo facciamo noi, davvero: siamo una piccola realtà, non abbiamo braccianti: Elena va sul trattore. Sì, fa tutto: come un uomo”. Pure meglio, le suggerisco io, e Paola, di Cantine del Castello Conti, ride sotto i suoi riccioli neri e indica Elena al suo fianco, impegnata a versare il suo Boca a un gruppo di partecipanti al Banco di degustazione AIS dedicato all’Alto Piemonte.
Un banco ricco, caldo, partecipato come non se ne vedono spesso: bravo a tutti i produttori che hanno avuto voglia di mettersi in gioco e raccontare, come suggerivo qui, una zona del Piemonte forse meno conosciuta dai più, quella che comprende il biellese, le colline novaresi e il vercellese.
Spero che nessuno si offenda però se questa volta voglio parlare di donneContinua a leggere

Degustazioni: bisogna raccontare il vino e non solo versarlo

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Circa cinque anni fa sono stata invitata a un evento – un Camp, per i nostalgici  – ad Alba, a parlare di viaggi ed emozioni. Mi avevano chiesto una breve presentazione per suggerire un modo diverso di raccontare i luoghi (attraverso i colori, i profumi, i sapori). Una sinestesia che non si riferiva ovviamente al fenomeno neurologico, ma alla figura retorica amata dai poeti, interpretata in senso ancora più allargato. Le slide, sufficientemente vintage, sono ancora online qui.

A tavola, nei miei viaggi, nel bicchiere cerco da sempre quell’incrocio bellissimo di sensazioni che unisce non solo i cinque sensi, ma anche la memoria (sì, la madeleinette di Proust). Quelle sensazioni che ho ritrovato da quando degusto il vino in modo, diciamo, professionale, dopo aver superato l’esame per sommelier. Anche se più assaggio e più mi rendo conto che la strada da fare per crearmi un archivio di sensazioni e punti di riferimento è ancora lunghissima.

Questa introduzione per dire che cerco di degustare il più possibile, a casa e fuori, di partecipare ai tanti eventi che vengono organizzati da AIS e da altre realtà. E che mi sento di dare qualche consiglio di produttori. Continua a leggere

Superare l’esame per diventare sommelier

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E quindi è successo. Il 25 gennaio sono stata dichiarata “idonea” e sono entrata a far parte con grande gioia della grande famiglia dei sommelier AIS. Felice ma stanca, perché raramente ricordo di aver studiato così tanto in vita mia (e io sono abbastanza secchiona, fidatevi). È successo tutto nel giro di un anno, visto che la mia prima lezione del primo modulo è stata il 26 gennaio 2016. Per quanto mi riguarda, è stato l’unico modo per riuscirci: tutto di fila, senza respiro, senza sfilacciare lezioni, competenze e degustazioni in troppo tempo. Ognuno sceglierà il suo modo, se lo vorrà fare. Questo è stato il mio.
E ora, siccome ho trovato molto utili alcuni racconti e post che accoglievano consigli per superare l’esame, faccio lo stesso e dedico un po’ di tempo per condividere i miei di suggerimenti. Se invece volete subito le domande, le trovate qui.

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