Zuppa con i moscardini: la ricetta di Milena


Credevo fosse stato a Perugia, e invece andando a ritroso con le foto, deve essere stato a Firenze a un BTO, quando ho conosciuto Milena. Conosciuto fuori dai social, perché lì ci seguivamo già e sapevamo molto delle rispettive vite e tutto dei rispettivi gatti.
Era in uno di quegli eventi ciclici dove ci ritroviamo noi di questa strana famiglia allargata e lontana creata dalla rete, che ti fa dire a volte, ma perché non abitiamo tutti nello stesso posto? E non ti fa sentire la fatica dell’ennesimo treno, perché sai che troverai tutti gli amici, a cena, per ricucire i brandelli di vita persi tra un post e l’altro.

Quanto ha ragione Chiara, che come me sente forte il legame e la malinconia di questa strana compagnia di giro dispersa ma a volte più vicina dei vicini quando scrive:

Finché c’è tempo.

Con Milena ci siamo trovate subito. I gatti. Il cibo e il vino, nonostante lei, danzatrice, fosse esile come lo stelo di una margherita. Le enoteche di Perugia, la buona tavola – dove vado a comprare il vino da portare a casa? La sua non comune attenzione ai dettagli, la capacità di seguire la mia vita leggendo un post e sapere tutto di mia figlia, con delicatezza e affetto, non avendola mai incontrata.

E le ricette, la cucina come atto d’amore per le persone a cui vuoi bene. Su Instagram avevo visto una sua bellissima zuppa con i moscardini, le ho chiesto la ricetta, me l’ha mandata subito, scritta con cura e ironia, e quanto ho riso leggendo quel consiglio di versarsi un bicchiere di vino acquistato per la cena mentre cucini, m’immaginavo il lampo nei suoi occhi mentre lo scriveva. Lo faccio sempre anche io, è il diritto inalienabile della cuoca, e a volte se ho ospiti che non sono “di casa” apro poi una seconda bottiglia per non portare a tavola quella aperta.
Mandami una tua presentazione, le ho chiesto, così la pubblico sul blog. E lei ha aggiunto:

Mi chiamo Milena,
mia nonna e mia madre sanno cucinare benissimo, io ci provo e a volte ci riesco.
Della cucina mi piace il rumore e l’odore del soffritto, lo ascolto mentre assaggio se il vino è buono.
Cucino per due, per quattro e per sei. Già dal settimo ospite entro in crisi. Faccio quasi sempre una foto ai piatti che preparo, perché mi piace guardarli quando vengono belli.

Però la foto non rendeva giustizia al piatto, e allora dopo poco più di un mese, in una sera tragica di attentati terroristici, mi ha riscritto per dirmi che proprio in un momento così le era venuta voglia di cucinare – un atto d’amore per tenere lontano tanto dolore – e ancora una volta l’ho sentita vicina, io che cucino volentieri quando sono triste e quando sono felice, nei due estremi, molto meno quando mi sento a metà, in una palude stagnante. E così sono arrivate, insieme alla ricetta, anche le foto giuste, quelle che facevano venire voglia di provare il piatto e assaggiarlo subito.

Poi la ricetta non l’ho mai pubblicata, perché il tempo, perché un sito nuovo, perché c’è sempre qualcos’altro da fare, perché alla fine su questo blog non scrivevo praticamente più.
Un po’ come quella cena a Roma che ci ripromettevamo sempre di fare e poi non abbiamo mai fatto.

E quindi cara, bellissima Milena dagli occhi che ridono, ti ho incontrato troppe poche volte, ma ti sentivo tanto vicina, affine, e ora che sei volata via ho riletto tutte le mail e tutte le chat, e questo è il mio ricordo, una ricetta scritta da te, che invito tutti a preparare e gustare per pensarti e per regalare un atto d’amore a chi la condividerà, e un brindisi a te, perché tu sei precisa, hai consigliato anche il vino:

Ho messo anche il vino, un bianco di un’azienda vinicola di Frascati che conosco personalmente, si chiama come l’anno in cui a Frascati si è combattuta una battaglia importante.
Un bacio e buona serata!

Buona serata a te e buon viaggio, bella.

 

Per due persone
Ingredienti:
mezzo kg di moscardini o polipetti
una patata grande
pomodorini o polpa di pomodoro
prezzemolo, sale, pepe, curry e zenzero

Come fare:
Mettete sul fuoco tre bicchieri d’acqua (se piace, aggiungere un pochino di dado vegetale)
Tagliate la patata a cubetti piuttosto piccoli, tagliate i pomodorini o prendete un bicchiere di polpa di pomodoro. Versate tutto nell’acqua con un due o tre pizzichi di sale e una grattata di pepe.
Apritevi la bottiglia di vino bianco che avete comprato per la cena e versatevi un bicchiere solo per voi.
Ora tocca ai polipetti o ai moscardini (fateveli pulire in pescheria), tagliateli a pezzetti e versateli nell’acqua almeno a 10 minuti di distanza dalle patate. Volendo arricchire la zuppa, si possono aggiungere dei ceci precotti.
Aggiungete le spezie, prezzemolo, curry e zenzero, se vi piace il sapore, spruzzate anche un po’ di limone a fine cottura.
I polipetti, quando sono a pezzetti si cuociono presto, bastano 15 minuti… giusto il tempo per un secondo bicchiere di vino.

L’ospite: Piersandro Pallavicini, petto d’anatra all’arancia e miele

(Questa cosa del lavorare io non la capisco. Poi finisce che uno dei tuoi scrittori italiani preferiti ti regala una ricetta per il fùdblog e tu ci metti un mese a postarla perché non hai tempo. Chiedo venia. E ringrazio davvero di cuore Piersandro Pallavicini, del quale vi consiglio di leggere tutto, per averla condivisa).

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Petto d’anatra all’arancia, miele e scorza d’arancia caramellata (per due)

Per prima cosa sbucciate con un pelaverdure pelate un’arancia (dopo averla ben lavata), evitando di togliere anche la parte bianca della scorza. Tagliate poi a fiammifero le scorze e sbollentatele per 3-4 minuti. Mettetete da parte. Spremete l’arancia e mettete da parte anche il succo.
Togliete la pelle a un petto d’anatra e tagliatelo in due parti. In padella, con abbondante burro (meglio se chiarificato), rosolate a fuoco alto un paio di minuti per lato. Poi salate e pepate, aggiungete se volete aromi freschi (p.es. rosmarino: ma io preferisco un paio di chiodi di garofano e due tre bacche di pepe di Sechuan). Mettete il coperchio e cuocete a fuoco basso per 12 minuti (se preferite un interno rosa scuro) o 15 (se preferite una cottura rosa chiaro).
Terminate la preparazione spennellando entrambi i lati del petto con miele, cuocendo 30 secondi, poi “lavandolo via” con il succo dell’arancia.
Rimuovete i due pezzi di petto dalla padella, metteteli da parte (rilasceranno uno po’ degli umori di cottura, che non devono finire nel piatto!), e a fuoco alto, ma con molta attenzione, riducete il fondo di cottura.
Intanto scaldate a fuoco alto tre cucchiai di zucchero e un cucchiaino d’acqua, metteteci le scorze sbollentate, fate caramellare. A riduzione e caramellizzazione terminate, tagliate il petto a fette spesse un centimetro, impiattate, aggiungete abbondanti scorze caramellate, cospargete con abbondante riduzione del fondo.
Ho accompagnato il petto d’anatra con patate al burro, aglio e aromi (cioè: patate pelate e sagomate a parallelepipedo, sbollentate per 12 minuti, cottura completata a croccantezza rosolando in burro chiarificato con spicchi d’aglio, rosmarino, salvia).

Vorrei citare una frase adatta di un qualunque scrittore celebre sugli amici, sul cibo, sul vino. Il momento sarebbe perfetto. Ma non viene, memoria uguale tabula rasa, zero, mentre, là avanti, si apre avenue Félix Faure con i giardini e la ruota…

“Un piatto così, in un ristorante così, era da rimandare in cucina. Un due stelle Michelin. Una portata che costava sessanta euro!”

(Da Romanzo per signora)

L’ospite: la pizza di Alessandra Farabegoli

Alessandra Farabegoli non ha segreti per chiunque sia sul web. Formatrice, consulente, autrice, common sense dispenser eccetera eccetera.
Un segreto però lo aveva ancora ed era la ricetta della sua pizza rustica: ma siccome è un’amica di quelle vere, ha deciso di condividerla qui su Fitu Faetu. Siete pronti? Occhio che quando avrete finito di leggere, dovrete correre a cercare un sacchetto di farina, perché queste foto fanno venire fame!

La pizza fatta in casa è quasi un piatto fisso del nostro menu settimanale, tranne d’estate quando fa troppo caldo per aver voglia di accendere il forno.
Un tempo pensavo che farla fosse una cosa complicata e ad alto tasso di fallimento, invece – una volta trovati gli ingredienti giusti – sbagliare è quasi impossibile.
La mia svolta l’ho avuta quando ho provato a usare farine sempre meno raffinate: se con la farina 00 la pizza mi lievitava male e restava pesante, la 0 già mi ha dato risultati migliori; poi, al Foodcamp durante la Blogfest 2010, i simpaticissimi fratelli Marino (di loro parliamo anche qui) mi hanno dato un sacchetto della loro farina 1 macinata a pietra nel loro mulino, e ho scoperto che, con farine di quel tipo, la pizza viene molto più croccante e saporita. Più tardi ne ho trovato una simile, macinata sempre a pietra in un mulino della Val Marecchia, e da allora quella è diventata l’ingrediente base della mia pizza.

La preparazione della pasta

Per una cena a base di pizza, la pasta va preparata nella prima parte del pomeriggio, in modo che abbia il tempo di lievitare; per questa parte della preparazione, mettete in conto una mezz’ora scarsa.
Metto a sciogliere un cubetto di lievito fresco in un mezzo bicchiere d’acqua tiepida, con un cucchiaino raso di zucchero. Lo lascio riposare, coperto da un panno, per una decina di minuti, e intanto peso 500 grammi di farina; di più (fino a 7-800 grammi) se ho voglia di fare anche qualche grissino o un po’ di focaccia, tanto il lievito basta anche per quella quantità.
Metto la farina in una boule, aggiungo una presa di sale e la mescolo bene alla farina, e inizio a impastare versando l’acqua col lievito; se questa non basta, aggiungo altra acqua, sempre tiepida. Bisogna impastare energicamente, fino a quando la pasta non diventa elastica e liscia; verso la fine, verso un po’ d’olio extravergine (per chi ama le dosi, due cucchiai per mezzo chilo di farina, ma io confesso di andare “a occhio”).
Impasto fino a formare una palla, sulla quale faccio il classico taglio a croce; la copro con un panno, e lascio lievitare per almeno un’ora e mezza, meglio se due ore, in un luogo tiepido e protetta da correnti fredde.

La preparazione della pizza vera e propria

Con 500 grammi di farina vengono due belle teglie da forno di pizza; io ungo le teglie con un cucchiaio d’olio extravergine, poi divido la pasta e la stendo con le mani, aiutandomi a volte con un piccolo mattarello.
Nel frattempo accendo il forno, impostando il termostato a 220°, in modo che si scaldi bene.
Passo poi alla guarnitura: servono un barattolo di pomodori pelati, che trito col mixer per ridurli in salsa, e una scamorza da 250 grammi tagliata a dadini (la scamorza fa meno acqua della mozzarella, e risulta più saporita).
Il resto è a piacere: noi aggiungiamo una manciata di capperi dissalati e una spolverata d’origano; poi io nella mia parte metto alcune alici sott’olio, e in quella per mio marito e mio figlio, che non amano il pesce, affetto un po’ di würstel o di salame, o la lascio semplice così com’è (nella foto sotto, la pizza pronta per essere infornata).
Inforno le teglie una dopo l’altra (cioè mentre mangiamo la prima metto in forno la seconda); per il tempo di cottura, mi regolo a occhio e con l’inconfondibile profumo che fa la pizza quando è pronta da mangiare.
A noi la pizza piace sottile, e la farina “rustica” e l’olio la rendono quasi croccante: bisogna stare un po’ attenti a non bruciarla, ma verso la fine potete anche tirarla fuori un attimo per controllarla, e rimetterla dentro se vi sembra “indietro”.
Quando è pronta, la taglio con la rotella e la servo calda, aggiungendo in base ai gusti olio e/o una macinata di peperoncino.
Buon appetito!

La torta ciliegie e albicocche di Giulia Mentore

Quando Barbara mi ha invitata a pensare a una ricetta per il suo blog, il mio primo pensiero è stato ritagliarmi una nicchia non occupata. Ho quindi pensato a un dolce. I dolci non sono tanto fito faetu, ma quello che sto per raccontarvi non è nemmeno troppo laborioso. Di dolci ne faccio abbastanza, ma in questo caso ho voluto rendere omaggio alla persona che mi ha iniziato alla passione per i dolci: la Flo.
Flo, oltre che a essere stata una delle persone che mi ha formata professionalmente e umanamente in giovane età, mi ha regalato per il matrimonio stampi, accessori e soprattutto una selezione di ricette ereditate dalla sua mamma austriaca…. Quindi non serve che sottolinei che parliamo di dolci seri, di quelli dove non si deve pensare alle calorie, ma solo alla gioia che regalano morso dopo morso.
Ecco quindi la deliziosa torta di ciliegie e albicocche della Flo, un dolce ideale per un picnic, una merenda, ma anche a colazione che faccia iniziare la giornata con il sorriso sulle labbra proprio in questa stagione. Continua a leggere

L’ospite: Marco Ghezzi e le sue frittelle


Marco Ghezzi, cofondatore di Bookrepublic e mio collega nell’avventura di Zazie.it, è uno di quei rari uomini rari che amano cucinare, e gli riesce pure abbastanza bene (dico abbastanza per non alimentare il suo già considerevole ego).
Gli ho chiesto una ricetta da condividere qui e lui una sera, tornato dalla campagna con le fave fresche dell’orto, ne ha inventata una.
Eccola per voi, come prima ospitata su Fitufaetu. La prossima? Giulia Mentore e la sua favolosa torta alle albicocche.
Volete essere ospiti su Fitufaetu con una vostra ricetta? Scrivetelo nei commenti! Continua a leggere